Mirko e Manolo sono due giovani amici della periferia di Roma. Bravi ragazzi, fino al momento in cui, guidando a tarda notte, investono un uomo e decidono di scappare. La tragedia si trasforma in un apparente colpo di fortuna: l’uomo che hanno ucciso è un pentito di un clan criminale di zona e facendolo fuori i due ragazzi si sono guadagnati un ruolo, il rispetto e il denaro che non hanno mai avuto. Un biglietto d’entrata per l’inferno che scambiano per un lasciapassare verso il paradiso.
«Con questo film volevamo raccontare com’è maledettamente facile assuefarsi al male. I due ragazzi protagonisti uccidono involontariamente un uomo e scelgono la via più facile, quella del silenzio, ma i fantasmi di quest’evento non gli lasciano tregua. Così cominciano a corazzarsi dai sensi di colpa. Credono sia più semplice accumulare ulteriore carico di disumanizzazione invece che ripulirsi da quanto è accaduto. Quando si apre lo spiraglio dell’attività criminale vedono miracolosamente concretizzarsi la pista alternativa della quale credono di avere bisogno: abituarsi al male. Al punto da non sentire più niente, coscienza compresa. In un mondo in cui la sofferenza è sinonimo di debolezza, i due ragazzi protagonisti si spingeranno oltre il limite della sopportazione per vedere fin dove si può fingere di non sentire nulla. Purtroppo, lo scopriranno sulle loro spalle: si può fingere fino alla fine».
Damiano e Fabio D’Innocenzo (Roma, 1988) sono registi e sceneggiatori. Trascorrono la loro infanzia nei sobborghi di Roma, dedicandosi alla pittura, componendo poesie e scattando fotografie. La terra dell’abbastanza è il loro primo film, presentato nella sezione Panorama del Festival di Berlino. Oltre a scrivere la sceneggiatura della loro opera prima, collaborano a quella di Dogman di Matteo Garrone.